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Riformare le opere pubbliche per ridurre la corruz

Riformare le opere pubbliche per ridurre la corruz


La qualità delle opere pubbliche e del relativo processo di attuazione quale strumento di lotta alla corruzione.

Le recenti vicende di cronaca hanno portato alla ribalta il tema della corruzione negli appalti e nella spesa pubblica. La questione non è il prodotto di un "costume italiano" quanto piuttosto il segno di una evidente malattia di una società sempre più mercificata, nella quale l'unico "valore" apprezzato è la ricchezza finanziaria! Sono questioni squisitamente italiane le ricette che si propongono per la cura di questo male planetario. Certamente l'inasprimento delle pene è cosa utile, ancora meglio il rafforzamento dei poteri dello stato di riacquisizione dei proventi della corruzione, del "malloppo" come direbbe Renzi; però questi provvedimenti da soli appaiono inadeguati rispetto alla dimensione del problema ed al peso insopportabile che assume nella dinamica economica e quindi sociale del Paese. Sono misure carenti perché legate all'esame del fenomeno ormai già consumato.

Cosa fare? La risposta può essere semplice: cambiare radicalmente le norme in materia di appalti; esse oggi sono incomprensibili a chiunque non sia un super esperto della materia. Si può intervenire secondo sei direttrici: riduzione e semplificazione delle norme in materia di appalti; standardizzazione delle procedure; identificazione della responsabilità esclusiva in un unico soggetto che risponde personalmente sotto ogni profilo (amministrativo, civile e penale) dell'intero processo di realizzazione di un appalto pubblico; pieno e continuo coinvolgimento del soggetto che ha progettato l'opera o l'intervento dalla fase di ideazione alla fase di realizzazione sino all'entrata in esercizio con identico peso delle responsabilità tecniche e dei connessi risvolti di carattere civile e penale; trasparenza di tutte le fasi del procedimento amministrativo; rendicontazione pubblica continua (step by step) della rispondenza dell'opera o dell'intervento agli obiettivi predeterminati, ai parametri di costo, ai tempi realizzativi ed ad ogni altro elemento che possa diminuire l'utilità dell'opera o dell'intervento.

Le motivazioni si ritrovano sforzandosi di capire perché malgrado da oltre vent'anni, dopo tangentopoli e mani pulite, dopo la revisione di tutta la disciplina degli appalti pubblici con la legge Merloni del 1994, il codice dei contratti del 2006 ed infine il nuovo regolamento attuativo del 2010, ed un processo incessante di legiferazione in materia di appalti pubblici la corruzione non accenna a diminuire, anzi assume sempre di più un aspetto strutturale delle dinamiche economiche del paese; quasi una sottocultura legata alla necessità di fare soldi.  essa è accettata dal mondo dell'imprenditoria come "fenomeno inevitabile", un "effetto collaterale" al quale non ci si può sottrarre. Uno strumento indispensabile per continuare a stare nel mercato italiano. Di converso alcuni amministratori pubblici (siano essi appartenenti alla politica o alla dirigenza, sempre più indissolubilmente legati) ritengono normale utilizzare la loro posizione per il loro bene personale al posto del Bene Collettivo, dell'Interesse Pubblico, alimentando la corruzione come prassi ordinaria trasformandola in un costo di produzione!

Se rileggessimo le cronache dei primi anni 90 potremmo sovrapporle a quelle attuali quasi perfettamente, con una sola sostanziale differenza: al posto del sistema dei partiti oggi troviamo tanti sottosistemi  molto più intimamente legati al territorio locale e perciò tanto più subdoli e perniciosi; vere e proprie nuove mafie, spesso legate da reciproci legami di strumentalità con la criminalità organizzata che, in alcune aree del paese, è detentrice  di una fetta rilevante della economia locale.

L'inchiesta romana evidenzia chiaramente che, attraverso quello che potremmo definire uno scambio territoriale, i cartelli malavitosi cercano di penetrare altre realtà territoriali alla ricerca di una mimesi spesso riuscita con un sano tessuto imprenditoriale.

Rispetto ad una siffatto stato delle cose è lampante che le misure non possono essere solo repressive; è palese che la partita rischia di essere persa in partenza data la sproporzione delle forze in campo.

Vogliamo puntare alla trasformazione del processo attuativo che da una monade incomprensibile si deve trasformare in un edificio di cristallo dove chiunque ne ha l'interesse può comprendere senza mediazione lo stato delle cose.

La essenziale funzione del controllo non sarà appannaggio di una ristretta cerchia ma di ogni cittadino, perché ciascuno sarà in grado di capire attraverso la lettura di dati semplici direi elementari.

All'indistinto coacervo di responsabilità si sostituiranno specifici soggetti facilmente identificabili con responsabilità specifiche con specifico potere decisionale.

Nel corso delle prossime settimane cercheremo di affrontare con articoli  specifici ciascun aspetto qui solo tratteggiato.

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